Settembre 2022
“Venezia non sarà Venezia senza cortometraggi”. E aggiungo corti italiani. L’inizio rubato alla Jo di Louisa May Alcott si addice bene a sintetizzare lo sguardo autentico, reale, immaginifico della nostra produzione breve in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia. E in particolare nelle selezioni di Orizzonti e della SIC@SIC, la Settimana della Critica che da qualche anno, più precisamente‑dal‑2016, ha unito le sue forze a quelle di Cinecittà.
Le categorie cinematografi che trovano sempre di più un terreno fertile nei giovani italiani che la pandemia non ha indebolito, ma, anzi, ha rafforzato, artisticamente parlando. In concorso nella sezione internazionale Orizzonti, alla fi ne destinata a pochissimi corti rispetto ai quasi 1700 sottoposti alle commissioni, sono ben due i fi lm italiani presenti. I generi scelti manifestano il coraggio di osare: il primo, quello di Federico Di Corato, un pugliese classe 1991, si intitola Manuale di cinematografia per dilettanti e racconta, sullo sfondo della dittatura fascista, un uomo e il mondo creato dalla sua cinepresa e dal suo manuale di cinema. Tria – Del sentimento del tradire è invece l’esordio nella finzione di Giulia Grandinetti: un esplosivo mix di richiami greci e distopia al femminile.‑ Nella SIC@SIC, la sezione completamente italiana, i corti, quelli in concorso, sono sette, ma i registi sono otto perché Puiet è stato girato a quattro mani da Lorenzo Fabbro e Bronte Stahl.
I loro film, giovani e maturi, sono uguali e diversi allo stesso tempo. Non solo perché rappresentano il futuro del nostro panorama produttivo nazionale, ma anche perché, nei temi e nelle rappresentazioni filmiche, ritraggono uno sguardo altro, non omologato.‑ L’amore viscerale, epidermico, lento e magico di Albertine Where Are You? (il titolo omaggia l’omonimo personaggio di La ricerca del tempo perduto) e Come le lumache di Margherita Panizon si uniscono, come in un fil rouge trasparente, ma esistente, nel futuro non così lontano di Nostos diretto da Mauro Zingarelli e nel passato degli anni ’50 di Reginetta di Federico Russotto. “Evocare” invece è la parola che attraversa e unisce la Transilvania di Puiet, i luoghi sperduti di Resti di Federico Fadiga e il sogno, forse rituale di guarigione, di La stanza lucida di Chiara Caterina.
Sarà il vero detonatore di speranza il cinema corto e giovane? Per noi sì, e ci auguriamo che lo spazio cinematografico, a cominciare dalla sala, se ne accorga sempre di più. Una scena “bertolucciana” tratta da Come le lumache di Margherita Panizon, uno dei corti selezionati dalla Settimana della critica.
Credits articolo: Best Movie